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L'architettura di Chemp

Gli edifici del villaggio sono lo specchio del sistema economico tradizionale.
Nel villaggio e nei suoi dintorni alcuni edifici e infrastrutture di carattere collettivo supportavano la vita e l’attività quotidiana.
La cappella, posta all’ingresso del villaggio da sud e dedicata alla presentazione della Vergine Maria, reca sul colmo la data di impianto 1678, accompagnata dalla nomina sacra IHS.
In posizione centrale si trovava il forno, oggi in stato di rudere. Rimane una pietra scolpita di forma triangolare e forata, che potrebbe essere quella usata per incastrare il bastone che teneva chiusa la porta, e un concio datato 1790.
Per comprendere la loro architettura occorre astrarsi dal concetto moderno di abitazione, intesa come luogo di residenza e soggiorno, separata e contrapposta agli ambienti del lavoro.
Nel passato l’attività agropastorale permeava ogni aspetto della vita e la casa era in primo luogo la sede dell’azienda familiare, sviluppata in specifici locali.
La stalla è posta al piano terreno e costruita in pietra. Al suo interno le poste per il bestiame sono pavimentate in legno e delimitate da un lato dalla gronda di raccolta dei liquami e dall’altro dalle mangiatoie, “le réche”, anch’esse in legno. Il locale è nella maggioranza dei casi coperto da volte in pietra, a botte o a crociera, più resistenti all’umidità degli animali rispetto ai solai in legno.
Il fienile, situato nel sottotetto, è accessibile attraverso una grande porta che veniva varcata con i grossi carichi portati sopra la testa. Per raggiungere l’ingresso si sfruttò la pendenza naturale del terreno, posizionandolo nella parte a monte, oppure si realizzarono rampe di scale esterne in muratura di pietra o legno. Il locale è spesso circondato da balconi con funzione di essiccatoi per fieno e derrate.
Nella cantina si conservavano patate e formaggi. Doveva essere fresca e mantenere la temperatura costante e dunque era spesso parzialmente infossata nel terreno. Poteva far parte di un fabbricato, a fianco della stalla, racchiusa da spessi muri in pietra e coperta da una massiccia volta a botte, oppure essere un edificio indipendente, una “barma”, cioè una grotta naturale chiusa da muri in pietra.
La “masoun”, la cucina, era il cuore dell’attività domestica, come suggerisce il nome. Dominata dal camino, era un luogo di lavoro prima che di residenza. Sul focolare si preparavano i cibi e si cuoceva il formaggio.
Le castagne, alimento centrale nella media montagna, dovevano venire essiccate per poter essere conservate. Vi si provvedeva nella “grà”, un piccolo locale con un focolare al centro del pavimento dove le fiamme venivano parzialmente soffocate con foglie in modo che si producesse molto fumo. Le castagne erano poste su un graticcio all’altezza del solaio tra le cui listelle passavano il fumo ed il calore.
Completavano la casa camere per l’abitazione e per il deposito di materiali e attrezzi agricoli.
Una passeggiata per le strade di Chemp ci regala un’immagine di grande uniformità architettonica. Le murature di pietra, le carpenterie in legno, le coperture in lose caratterizzano tutti gli edifici, che ci appaiono provenire da un passato atemporale.
In realtà dietro questi muri si sono succedute molteplici generazioni, ciascuna delle quali ha costruito, demolito, trasformato, ampliato.
Ci vengono in aiuto anche le date incise, sebbene occorra sempre una grande cautela nell’interpretarle; esse potrebbero riguardare conci riutilizzati, provenienti da altre costruzioni oppure essere state apposte in occasione di un intervento di modifica.
La maggior parte del patrimonio edificato risale ai secoli XVIII e XIX.
Rimane nel villaggio un solo edificio seicentesco intatto, con costruzione unitaria e privo di modifiche rilevanti; si tratta di un granaio in legno. In bassa valle del Lys, così come in molte zone della Valle d’Aosta, le costruzioni lignee sono l’emblema dell’importanza rivestita dalla cerealicoltura nell’economia del passato.
La trave di colmo, sostenuta da capriate, reca incisa la data 1671 di costruzione dell’edificio, assieme alla nomina sacra IHS ed alle iniziali PF NV.
Accanto al granaio, il grande edificio chiamato nella tradizione orale “casa del notaio” cinge ad ovest l’abitato. Esso è caratterizzato da un loggiato ad archi che percorre la facciata sud est. Benché comprenda anche locali rurali oltre che civili, esso è sicuramente da riferirsi ad una committenza di stato sociale superiore alla media, come testimonia la sua ricercata costruzione.
La costruzione sorge probabilmente su murature anteriori al ‘700, anche se l’architettura così come ci si presenta oggi è da riferire verosimilmente al XVIII secolo, come testimonia la data 1741 incisa sul colmo a sud.

Danilo Marco